Proprio per questo è particolare la figura di Tersite, uno degli Achei che nell'Iliade combatte per la conquista di Troia. Al contrario di Achille e Agamennone, che rientrano perfettamente nel canone, Tersite, essendo di aspetto sgradevole, per diretta conseguenza mancava di tutte le virtù proprie di un eroe. Lo stesso nome significa "sfrontato" e Omero nel II canto lo descrive come brutto, deforme, repellente, "parlator petulante", "di scurrili indigeste dicerie pieno il cerebro" (Il. II, vv. 274-278).
L'episodio più emblematico su Tersite lo vede interrompere lo stesso Agamennone (suo re) durante un discorso alle truppe, accusandolo di avarizia ed egoismo ed invitando le truppe a disertare; verrà poi scacciato da Ulisse e ridicolizzato di fronte alla folla (punizione non di poco conto in una società come quella greca definita società della vergogna).
In realtà le stesse accuse erano già state mosse all'interno del poema da parte di Achille, il quale apostrofò il re con insulti anche peggiori: "Anime invereconda, anima avara" (Il. I, v. 199), "svergognata" "brutal ceffo" (Il. I, vv. 210 e 212). Anzi, l'avrebbe anche ucciso se non fosse stato fermato da Atena. A far la differenza tra i due è che Achille, eroe bello e virtuoso, ha il diritto di essere ascoltato, mentre Teriste, anti-eroe fuori dallo standard riconosciuto, non è degno di considerazione e viene deriso e ridicolizzato. E' infatti l'unico eroe omerico privo di epiteti gloriosi.