Step.25 Storia di un blog

Siamo giunti alla conclusione di questo viaggio alla scoperta della Standardizzazione. Rispetto a molti miei colleghi di corso ho avuto la fortuna di poter dedicare il blog ad un verbo ampiamente interdisciplinare, riuscendo così di pari passo ad analizzarne il connotato legato al mondo della tecnica e quello più ideologico ed umanistico.
Standard nella tecnica
Abbiamo scoperto che standardizzare deriva dal francese antico estendard, che significava stendardo, studiandone nel dettaglio etimologia ed origini. Con un po' di fantasia ho poi introdotto la mia azione con una simpatica leggenda di mia invenzione ed un disegno che potesse rappresentarla.
Ho poi proceduto cronologicamente, scoprendo che nell'antichità la standardizzazione è ancora un concetto lontano. Il mondo antico è infatti caratterizzato da comunità piccole e perlopiù isolate dal mondo esterno, mentre il concetto stesso di standard richiede un'adesione consistente. Mi sento di dire che in quell'epoca sia più giusto parlare di metodo, poiché certamente vi era metodo nel creare e nel produrre, ma come ho detto non può trovar un riscontro con la standardizzazione moderna che si forma, infatti, di pari passo con la globalizzazione e la necessità di trovare punti di incontro negli scambi commerciali o culturali. Ho allora volto la mia ricerca dello Standardizzare nell'antichità ad un significato diverso e parlando della Biblioteca di Alessandria e del misterioso incendio che la mise in ginocchio, è probabile infatti che i responsabili della disgrazia fossero i Romani, che più di una volta hanno operato al fine di "appiattire" le culture nemiche da cui si sentivano minacciati (standardizzarle appunto).
Con l'avanzare del tempo si scopre invece che gli standard tecnici acquisiscono sempre più importanza in numerosi ambiti. Uno dei primi settori che ne vide la necessità fu quello militare della balistica, ho analizzato brevemente la storia delle prime armi da fuoco e della standardizzazione dei calibri dei proiettili, che diventava indispensabile per il loro uso nel mondo medievale.
Procedendo nel 1700 ho parlato di Fahrenheit e di come inventò il suo termometro e la sua scala, cogliendo l'occasione per introdurre il discorso delle unità di misura e del SI, argomento ripreso successivamente quando abbiamo parlato di Lagrange e del comitato che mosse i primi passi per standardizzare le unità di misura.
Nel 1800 ho individuato la nascita della fotografia come spunto per notare come la rappresentazione oggettiva della realtà attraverso quest'ultima abbia in qualche modo eliminato la mano dell'artista e cambiato per sempre il mondo dell'arte, che si è man mano mosso in nuove direzioni. Citando il film Opera senza autore, "A nessuno piace venir fotografato, ma a tutti piace come vengono i loro ritratti", si mette in luce che la fotografia,di tutte le forme rappresentative, è quella che meglio si adatta allo standard del reale. 
Avvicinandosi sempre più ai nostri giorni si vede come gli standard siano una caratteristica più che mai rilevante nella nostra società, a partire dagli standard ISO che regolamentano le norme tecniche usate in quasi tutto il mondo, con un veloce sguardo in particolare a come tali norme abbiano avuto un ruolo primario nel garantire la sicurezza nella vita e nella produzione in tempi di COVID-19, e scoprendo anche come abbiano un ruolo fondamentale nei brevetti attraverso i SEP e, ovviamente, nell'economia.
Standard nella società
Se abbiamo visto come nel mondo della tecnica gli standard siano un utilissimo strumento, abbiamo anche visto come standardizzare prenda una connotazione negativa nella società, quale un appiattimento sociale operato dai poteri forti. 
Già nella mitologia classica lo standard diventa stereotipo, come avviene attraverso la kalokagathia, che lega l'immagina dell'eroe alle caratteristiche di "bello e buono", e da questo concetto parte e si sviluppa il conformismo, ossia la necessità dell'uomo di inserirsi all'interno dei parametri della società, di cui abbiamo parlato attraverso le parole di Gaber e la poesia "L'incendiario" di Aldo Palazzeschi.
I promotori di tale processo sono senza dubbio le grandi imprese e i già citati poteri forti, ho dedicato un post infatti alla nascita della pubblicità moderna e di come Edward Bernays abbia dato inizio alla psicologia di massa con grande successo. 
Il controllo dispotico delle masse è infatti alla base di numerosissime storie, noi ne abbiamo visto due esempi: il libro 1984 di Orwell ed il film Arancia meccanica di Kubrick. In entrambi i casi i protagonisti vengono piegati dal sistema, riomologati allo standard di cittadino perfetto; ma la paura di un futuro simile non si ferma sui libri e sugli schermi, è reale e attuale. Movimenti artistici e sociali hanno da sempre combattuto l'appiattimento sociale. Il dadaismo si ribellava alla guerra uscendo da ogni schema artistico antecedente e il Sessantotto urlava alla libertà individuale ed alla pace (ne abbiamo anche analizzato come il suo anti-conformismo sia diventato esso stesso un conformismo), senza dimenticare il ruolo che la musica ha giocato nell'ultimo secolo nel sensibilizzare sull'argomento (vedere anche il post su The wall dei Pink Floyd).
Conclusione
Mi sento di dover fare una considerazione finale sul nostro verbo. Una società è tanto più tecnologicamente avanzata quanti più standard comuni vengono adottati: in un mondo in cui non esistono barriere linguistiche, dove ogni prodotto è sicuro qualunque sia la sua provenienza, in cui i diritti dell'uomo siano riconosciuti globalmente, è un mondo in cui ogni suo cittadino ha lo stesso valore in qualunque stato e dove ogni possibilità può essere colta da chiunque. In quel mondo non ci sono limiti allo sviluppo, ma il rischio è di perdere l'identità culturale che ci contraddistingue. Al contempo è invece terrificante l'idea di un futuro comandato dal pensiero unico e in cui l'umanità venga vista come una singola massa e non come insieme di individui. La strada presa forse sembra quella, e se dal punto di vista tecnologico già se ne vedono i risultati, personalmente spero che le persone continuino a sapersi distinguere dalla massa, pur mantenendo il senso comunitario che da sempre ci distingue, e le proteste di questi giorni fanno ben sperare sul nostro futuro.

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